E’ un enorme piacere intervistare Federico Pisciotta, un artista a tutto tondo. Lo conosco personalmente ed ogni volta riesce sempre
a stupirmi. L’ho soprannominato “mani d’oro” perchè ciò che tocca e crea diventa un’opera d’arte, un’emozione; riesce a far appassionare anche chi è meno sensibile. Anche la vita quotidiana, attraverso le sue mani e pennelli diventa Arte, diventa imprevedibile. Potrei raccontarvi tante cose di Federico e continuerei a stupirvi, ma qui si parla solo di arte.
Raccontaci qualcosa di te. Com’è iniziata e quando la tua passione per l’arte?
La pittura è una passione che ho coltivato nel tempo, dall’età di cinque anni. Da quando ho iniziato a frequentare, grazie al supporto dei miei genitori, le prime scuole d’arte. Ho studiato in vere e proprie botteghe, dove ancora il Maestro era quello che puntualmente formava allievi al di sopra delle proprie capacità. La lezione fondamentale è stata quella che mi ha portato ad acquisire una tecnica pittorica di tutto rispetto, l’uso del colore secondo i canoni della pittura tradizionale adottata dai più grandi Maestri della pittura del passato.
Ho seguito ogni genere di insegnamento fino all’Accademia di Belle Arti, ultima delle scuole in fatto di studi ufficiali. Dopo la laurea e dopo aver insegnato alcuni anni le tecniche pittoriche ormai acquisite, ho deciso di dedicarmi esclusivamente alla ricerca artistica contemporanea. Tutt’ora non faccio altro che seguire il mio istinto creativo, la mia ragione di vita, sperando sempre che abbiano il futuro per cui ho scelto di creare tutto questo.
La tua passione per la pop-art è iniziata subito oppure hai sperimentato altri stili in precedenza?
Come ho accennato in precedenza, la mia esperienza pittorica inizia nel lontano 1980, ben quarant’anni fa. Dopo aver seguito alla lettera e per molti anni un certo tipo di insegnamento accademico, ho trovato estrema difficoltà a staccarmi da quella figurazione che passa dal caravaggismo alla macchia, sempre legata a quella rappresentazione soggettiva tipica di chi dipinge esclusivamente perché sa di poterlo fare. Con l’Accademia di Belle Arti nascono le prime sperimentazioni surrealiste legate, a volte, alla silente metafisica dechirichiana. A me molto cara. Successivamente, la scoperta di alcuni artisti americani come Wayne Thiebaud, mi ha portato a capire quanto sia straordinario rappresentare il cibo attraverso quella sensuale plasticità pittorica che lui stesso ha sempre decantato. Nasce così, alla fine degli anni novanta, la passione per il pop e per tutti quegli oggetti che parlano di noi anche quando non siamo menzionati.
Raccontaci una tua opera. Com’è nata l’idea, cosa volevi trasmettere, com’è stata recepita etc.
L’opera che ho scelto di raccontarvi è un pezzo che racchiude gran parte della mia storia, dei miei progressi pittorici e della mia continua ricerca sull’attualità di un messaggio universale.
“A strange timeless night”, realizzata nel 2014.
I caratteri principali di questo grande trittico assemblato sono evidenziati nell’interazione tra pittura tradizionale rivisitata e la più recente iconografia informatica. Le immagini paradossali, a volte dissacranti, rimandano alle ossessive abitudini della società postmoderna.
Con quest’opera ho cercato di coinvolgere lo spettatore obbligandolo ad essere il protagonista inconsapevole in uno spazio senza tempo e senza atmosfera.
Sullo sfondo di “Stregoneria” di Salvator Rosa, apparentemente desolato ed illuminato da un candelabro che scende misteriosamente dal cielo, tre curiosi personaggi prendono parte ad una scena vivendo ognuno e per se stesso la propria solitudine esistenziale.
A sinistra un uomo sul sedile di un vecchio cinema abbandonato si toglie la maschera da supereroe assorto in un momento di evidente depressione. A destra una donna con il carrello della spesa vuoto osserva, con uno sguardo intriso di malinconia e invidia, lo spettatore protagonista. Al centro, in primo piano, un bambino con un tablet è intento a catturare l’immagine di un futuro che scorre prepotentemente davanti ai suoi occhi.
Questa volta però l’interazione tra pittura e iconografia digitale è forse più incombente rispetto alle altre opere, pur considerando le dimensioni di quest’ultima. Era necessario per creare maggior coinvolgimento di colui che guarda e renderlo consapevole di una realtà alienante, un pensiero molto affine a quello di Duane Hanson.
Le tre icone dei social network in alto a sinistra e il videoplayer in basso a destra, retroilluminati da lampade led rgb a luce alternata, stringono la scena verso il centro lasciando spazio all’immaginazione. Ma l’ignaro spettatore attratto in inganno, azionando un sensore di movimento installato dietro al tablet, viene abbagliato dal flash della fotocamera.
L’illusione di essere fotografati crea un’emozione fortemente partecipata nei confronti dell’opera stessa, mettendo l’osservatore quasi a disagio e, comunque, nella condizione di essere l’artefice del futuro che ha generato tutto questo, di “Una strana notte senza tempo”.
Il tuo processo creativo è, di solito, veloce ed istintivo o c’è un lungo percorso di studio che precede la fase di realizzazione?
Ogni pezzo che creo ha il suo verso, la sua storia, la sua genesi. A volte passo intere giornate a pensare, elaborare immagini e personaggi fino a rincorrere quella perfezione “paradossale” che tanti artisti vanno continuamente ricercando. Ma puntualmente, durante la fase esecutiva del lavoro, si verificano quei “preziosi” imprevisti che stravolgono l’opera e mi portano altrove, ad una nuova ricerca o ad una nuova fase sperimentale, superando a volte le mie aspettative.
Cosa fai per promuovere e vendere le tue opere? Che canali usi?
Non sempre promozione e vendita vanno a braccetto, ma sicuramente la scelta dei canali è determinante. Nel tempo mi sono accorto che non bastano soltanto le gallerie fisiche, anche se sono importanti per rappresentare un artista, soprattutto durante le Fiere d’Arte Internazionali. Ora più che mai, una delle realtà più soddisfacenti, sono le gallerie virtuali. Alcune fra le piattaforme più importanti del web hanno ormai lanciato un sistema di divulgazione delle immagini senza precedenti. E questo, per tutti gli artisti visuali, è fondamentale. Grazie ai canali online si ha la possibilità di entrare in un circuito di vendita destinato non solo ai collezionisti, interessati solitamente ad investire sulle opere originali, ma anche a quel pubblico meno esigente che pur di avere quell’opera e ben disposto ad acquistarne un’ottima riproduzione.
Quando decidi di fotografare la tua opera, cosa ti aspetti dall’immagine finale?
Ovviamente il meglio. Ricordo ancora i primi anni quando scattavo da solo interi rullini di fotografie per ottenere un’immagine decente dell’opera. Il risultato? Sempre scadente. Alla fine ti ritrovavi con un catalogo in mano che non riuscivi neanche a sfogliare perché le immagini, dopo aver subito il secondo processo di stampa, sembravano uscire da un film horror.
Così poi, mostra dopo mostra, in galleria ho conosciuto finalmente un fotografo professionista, un tale Massimo Paradiso. Ecco, il tale, è l’unica persona che ancora oggi osserva scrupolosamente le mie opere attraverso l’obbiettivo. Da vent’anni orsono, mi regala il miglior risultato fotografico che mai potessi pretendere. Grazie agli ultimi standard adottati da CSI, le immagini delle mie opere hanno una risoluzione tale ed una perfezione cromatica in grado di soddisfare qualsiasi esigenza.
Cosa pensi del mondo dell’arte oggi ? Come pensi che cambierà, nel prossimo futuro, la tua arte ed il modo di divulgarla? Hai già nuovi progetti in mente?
Il mondo dell’arte per me è stato sempre una mina vagante, ed ora lo è più che mai. Non esistono certezze, previsioni o successioni, nulla di tutto questo. L’arte accade e basta. Così come accade a tutti coloro che hanno deciso di fare arte. Ogni creazione, qualunque essa sia, immediata o meno, genera un processo evolutivo inevitabile. E questo processo porta senza dubbio ad un cambiamento, a volte anche radicale. Proviamo solo a pensare a quello che sta accadendo adesso in tutto il mondo con il Covid-19. Tutto è cambiato, l’arte è cambiata e i nostri progetti futuri li ritroviamo sospesi nell’aria di un pianeta malato, esausto.
La risposta dell’arte? Ovviamente, non mi sento più di rispondere con un progetto che avevo tirato giù prima di tutto questo. Nella mia mente sento voglia di libertà, di primavera, di aria fresca e felicità, di gioia di vivere. Non ho bisogno, adesso, di ricordarmi di tutto quello che stiamo vivendo, ma di sognare, di rinascere.
Ringraziamo Federico per il tempo che ci ha dedicato rilasciandoci questa intervista molto interessante.
Federico Pisciotta
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